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Lionetti Michele

Michele Lionetti nasce a Cetraro (CS) il 18/09/1993; vive fino alla sua adolescenza e non solo a Corigliano Calabro (CS), frequentando il Liceo Classico e diplomandosi col massimo dei voti – ove, nel 2014, terrà un corso di formazione teatrale-letteraria traducendo l’Alcesti di Euripide e fornendone una riscrittura da mettere in scena, dal titolo “Estì”. 

Orfano d’ogni arte, autonomamente, si avvicina fatalmente al teatro anche grazie all’incontro con la Compagnia Teatrale “Hotel de la Béance”, con cui ha recitato in due piéce teatrali: “Ad Occhi Chiusi” (2014-2015) e “L’Alingua” (2018); e portando avanti un percorso di lecturae dantis (2015-2017). 

Da qui in poi comincia ad approfondire lo studio sulla Voce e sulla Drammaturgia, influenzato da grandi autori come: C. Bene, V. Gassmann, E. De Filippo, E. Moscato, P. P. Pasolini, G. Testori (e molti altri); senza scindere mai il rapporto con lo studio della Filosofia, che ritiene irrevocabile, formandosi soprattutto sotto l’influenza di pensatori quali F. Nietzsche, E. Severino, S. Kierkegaard, G. Deleuze. 

Prosegue gli studi presso l’Università della Calabria, conseguendo nel 2017 la laurea in “Lettere Classiche” con una tesi in “Letteratura e Diritto Greco”; infine conclude il percorso accademico all’Università degli studi di Siena (città in cui attualmente vive), ove nel 2020 si laurea in “Filologia Classica” con una tesi il Lingua e Letteratura greca & Diritto Greco, dal titolo: “Processo agli oggetti e agli animali nell’antica Grecia: il tribunale del Pritaneo”. 

TEAMO

In un luogo indefinito – forse un appartamento, una palude d’attese. Da chissà quanto tempo. 

Cinque donne, come cinque impressioni dello stesso urto, cinque anonime parole dello stesso centro, cinque facce coagulate nello stesso pianto, architettano in silenzio una vendetta contro i propri stupratori. 

Sono cinque donne sull’‟orlo dell’esaurimento”, camminano sulla scena come camminassero su un precipizio. E non prima d’aver saggiato a vicenda la solidità dei propri intenti, d’aver sancito l’estremo passo, cercheranno di adescare i loro aguzzini tramite la creazione di un sito (www.statuesanepersassi.com), una porno-chat – per l’esattezza –, e dando loro appuntamento per un esiziale incontro. 

Ovviamente, fingendosi altre, ordendo una vera e propria mantica della menzogna, cercheranno di evitare la realtà del “fattaccio”, ora dirottandola nel virtuale, ora nel sacro, ora nella zooiconologia, senza accorgersi di evocare quella realtà – e forse, volendolo pure fare, ma proprio senza essere in grado di capirlo. 

Di tanto, però, entrare in questo sito comporterà assistere obbligatoriamente ad una “pubblicità” condotta da due figuri – proiettati su due teleschermi – i quali ci mostreranno: l’uno (detto “One”) un futuro distopico quanto sereno; l’altro (detto “Two”) come questa fantomatica serenità del futuro diverrà, invece, causa di un incurabile sconforto. 

Le Nostre, lungo il corso dei momenti, dovranno stare attente nel riuscire a fare bene i conti, in se stesse, sia con un inespresso precetto di F. Nietzsche: “se guardi a lungo l’abisso, anche l’abisso guarderà in te”; sia con un inespresso concetto di E. Severino: “non solo far soffrire, ma anche soffrire è violenza”. 

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