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Paoletti Giacomo

Giacomo Paoletti nasce nel 1982 in provincia di Firenze. Si laurea in Discipline dello spettacolo dal vivo al Dams di Bologna, con Claudio Longhi.

Si forma come performer al Centro di arti performative Elan Frantoio diretto da Firenza Guidi e tramite percorsi con Michael Marmarinos, Ida Kelarova, Francesca della Monica, Costas Lamproulis, Cristina Rizzo. Partecipa alla Steps Ahead Academy di Fabbrica Europa e Roots & Routes, divenendo jr peer coach in performing arts and media.

Dà vita al progetto Lovett e il Lupo, con cui conduce laboratori di teatro soprattutto per l’infanzia e l’adolescenza, in scuole, centri di aggregazione, campi estivi, case famiglia, ma anche con adulti e in situazioni di marginalità, con persone in semilibertà e in recupero dalle dipendenze. All’interno di tali processi creativi si occupa anche di regia e di scrittura, ma si dedica alla stesura di veri e propri testi teatrali indipendenti dal 2020.

Club 27

Quattro creature intrappolate in quella che sembra una convivenza forzata: una prefica in astinenza da funerali, un giovane uomo che non riesce a finire un puzzle, una ragazza appassionata di rock che si allena per volare, una scrittrice che sta componendo una nuova bibbia. Non possono uscire. Fuori pare nevicare da sempre e non c'è traccia di altri esseri umani. Ognuno, a suo modo, cerca segni a cui dare significato. L'era dell'efficienza e del raziocinio si è come frantumata davanti a loro: tentano di rimettere insieme i pezzi, vogliono capire il mondo ma al tempo stesso, consci o meno, bramano il mistero.

Al centro di questa indagine drammaturgica c'è l'apofenia, l'immotivato riconoscimento di connessioni in dati totalmente casuali; come il noto Club 27, la “maledizione” degli artisti deceduti a ventisette anni. Così, i quattro cercano di passare il tempo: fra fantasmi del rock e ali d'angelo aggiustate col nastro adesivo, fra apparizioni notturne e visite di presunti diavoli, spuntano cicatrici e frammenti di ricordi ambigui. Il senso, però, ancora non arriva. Per questo, puzzando un po' di “teen spirit”, cercano di spiegarsi la vita per contrasto, parlando di morte: brandizzata, spettacolarizzata, sterilizzata, negata, desiderata. Ma sempre affamati di vita restano, fino all'overdose.

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