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Giro di vite

DAL 21 Settembre 2016 AL 23 Settembre 2016

Teatro i

Nel 1898, Henry James dava alle stampe Il giro di vite (The turn of the screw), una costruzione meravigliosamente ambigua e forse la sua novella più famosa presso il grande pubblico, anche per una bella versione cinematografica firmata nel 1961 da Jack Clayton. (The innocents). Fiumi di inchiostro, letterari e psicanalitici, sono stati usati per leggere nelle maniere più diverse il mistero dei fantasmi, irreali e realissimi, che ossessionano i due piccoli Miles e Flora e la loro istitutrice.

Giro di Vite è infatti un racconto di fantasmi. Forse il più celebre racconto moderno di fantasmi. Un puro, grandissimo esercizio nel genere. Ha ragione Oscar Wilde: siamo di fronte a un racconto meraviglioso, altrettanto violento e scioccante di una tragedia elisabettiana. Il climax che conduce al tragico snodo finale (che vede protagonista il piccolo Miles) continua a produrre una suspense e un´emozione che neanche un secolo di «misteri» letterari è riuscita ad appannare.

Prima del 1898 i fantasmi non apparivano – basti pensare a Frankenstein o a Cime Tempestose-, annunciati da radiose mattinate domenicali, né vantavano la complicità di bambini belli, educati e intelligenti. Inoltre, prima che James ci complicasse la vita rendendo insignificante e pregiudizievole la nostra interpretazione del testo, il punto di vista del racconto aveva sempre coinciso con quello dell’autore. Ma ne Il giro di vite la storia è raccontata attraverso gli occhi dell’istitutrice, a cui il romanziere non da un nome; e fin dalle prime pagine viene da chiedersi se non sia opportuno dubitare di quello sguardo e soprattutto di quella sua confessione, alla quale non vorremmo credere, incapaci come siamo di accettare il pensiero che il male esiste e che, quando si manifesta, è sempre tutt’altro che gradevole.

Irene Ivaldi dà corpo alla misteriosa istitutrice, letteralmente abitata dalle presenze di volta in volta evocate; una polifonia di voci che diviene avventura psichica, rumore del pensiero.

Il lavoro verrà ripensato e ricreato per ogni nuovo luogo, sfruttandone la peculiarità, e facendolo suonare in modo assolutamente inconsueto e inquietante per gli spettatori.

Abbiamo immaginato una sorta di zattera, un ideale relitto di salotto borghese che ospita una donna che indossa un desueto vestito a lutto. Potrebbe essere un angolo del salotto in cui William James, il fratello dello scrittore, molto coinvolto dalle pratiche esoteriche del suo tempo, riceveva Mrs Piper, la medium più famosa del suo tempo.

Nei suoi romanzi James non impone l’onnipotente punto di vista dell’autore ma lascia che la storia sia narrata da qualcuno che la vive dall’interno; senza un giudizio precostituito il lettore/spettatore è in crisi, deve partecipare, farsi domande sul senso della storia. Così, in uno spazio che coinvolge sensorialmente lo spettatore, la vicenda si fa vicenda di ognuno, rimanendo ambigua e indecifrabile.