Quattro creature intrappolate in quella che sembra una convivenza forzata: una prefica in astinenza da funerali, un giovane uomo che non riesce a finire un puzzle, una ragazza appassionata di rock che si allena per volare, una scrittrice che sta componendo una nuova bibbia. Non possono uscire. Fuori pare nevicare da sempre e non c’è traccia di altri esseri umani. Ognuno, a suo modo, cerca segni a cui dare significato. L’era dell’efficienza e del raziocinio si è come frantumata davanti a loro: tentano di rimettere insieme i pezzi, vogliono capire il mondo ma al tempo stesso, consci o meno, bramano il mistero.
Al centro di questa indagine drammaturgica c’è l’apofenia, l’immotivato riconoscimento di connessioni in dati totalmente casuali; come il noto Club 27, la “maledizione” degli artisti deceduti a ventisette anni. Così, i quattro cercano di passare il tempo: fra fantasmi del rock e ali d’angelo aggiustate col nastro adesivo, fra apparizioni notturne e visite di presunti diavoli, spuntano cicatrici e frammenti di ricordi ambigui. Il senso, però, ancora non arriva. Per questo, puzzando un po’ di “teen spirit”, cercano di spiegarsi la vita per contrasto, parlando di morte: brandizzata, spettacolarizzata, sterilizzata, negata, desiderata. Ma sempre affamati di vita restano, fino all’overdose.