Condividiamo tutto eppure la solitudine è ovunque. I personaggi mancano alle loro vite, percepiscono l’abbandono degli oggetti, dei luoghi, del tutto che si consuma. Sanno soltanto di essere davanti a molte risposte e devono scegliere.
2018. In un appartamento una donna e un uomo sono costretti a condividere una normale giornata. Mentre si raccontano il quotidiano, la società dei media si affaccia nel loro spazio sospeso rendendo palesi insofferenza, rabbia e un profondo senso d’inadeguatezza. I protagonisti iniziano così, casualmente, un piccolo viaggio di approfondimento. L’esser soli potrebbe accrescere la consapevolezza di sé o dare la terribile sensazione di sentirsi incompresi; è su questo bilico che entrambi cercheranno un confronto e una via d’uscita appoggiandosi l’un l’altra per affrontare il mondo, comunque vada, con più leggerezza e insieme. L’esistenza condotta e mostrata nella sua zona più normale ed intima, probabilmente è così. Niente di eclatante. Spesso un’analisi continua dei pensieri e pochi fatti. Forse la banalità del quotidiano reca la scoperta di un segreto: se non gli remiamo costantemente contro, può essere addirittura semplicemente bella, così com’è, e contenere allo stesso tempo molte delle nostre inquietudini. Forse c’è bisogno di solitudine per contrastare l’incoscienza e la deformazione di se stessi e in questo spazio creare una speciale resistenza. Non ci sono più miti, ideologie e religioni, soltanto le vite che finalmente s’incontrano.